Via Flaminia, 499 - 00191 Roma
Tel. 06 330101
Negli ultimi decenni il miglioramento della prognosi in ambito oncologico e l’utilizzo delle terapie mirate nella pratica clinica, hanno modificato l’approccio del medico al paziente ed hanno permesso lo sviluppo di gruppi multidisciplinari, con il coinvolgimento di numerosi specialisti nella gestione di tali pazienti. Questo nuovo approccio ha portato all’evoluzione del concetto di “curare” il paziente al “prendersi cura” dello stesso. Il mantenimento di una buona qualità di vita, fattore determinante nel miglioramento della prognosi stessa, deve essere considerato dal medico come uno degli obiettivi terapeutici.
Il nostro obiettivo è dare al paziente ed alla famiglia un valido supporto prima, durante e dopo la terapia al fine di migliorarne la qualità di vita.
Il paziente deve sapere che esiste un team di specialisti che può aiutarlo e sostenerlo in tutte le fasi della cura. Siamo convinti che un rapporto globale con la malattia, sia in fase di prevenzione che di cura e riabilitazione, sostenga e soddisfi con maggiore efficacia i bisogni del paziente nel percorso oncologico.
La gestione multispecialistica degli effetti collaterali in corso di terapia oncologica può, attraverso un’azione mirata, contrastare, risolvere, ridurre e rallentare i danni che il paziente può presentare in corso di terapia.
I ragguardevoli e continui progressi nel trattamento delle patologie neoplastiche sono in gran parte legati all’impiego di terapie mirate, ovvero personalizzate che tengono in considerazione non solo il tipo di tumore ed il suo stadio, ma anche il patrimonio genetico del singolo paziente e le caratteristiche molecolari del suo tumore. Ciò presuppone che l’Oncologo sia affiancato, nel suo difficile compito, da un Anatomopatologo che integri la pur sempre necessaria diagnosi istologica di tumore con le informazioni genetiche e di biologia molecolare che consentono di personalizzare la terapia per il singolo Paziente. E’ pertanto di fondamentale importanza che l’interazione tra Oncologo ed Anatomopatologo si estenda ai Biologi molecolari ed ai Genetisti cui l’Anatomopatologo deve fornire informazioni accurate e materiale istologico adeguato così da ottenere una riproduzione estremamente dettagliata della patologia da curare, una sorta di ingrandimento ad alta risoluzione e tridimensionale di quella che con la diagnostica istologica di vecchia generazione sarebbe invece un’immagine sfocata che non tiene conto delle differenti caratteristiche che lo stesso tipo di tumore acquisisce nei diversi pazienti proprio perché ciascuno di essi ha il suo personale corredo genetico.
Prof.ssa Antonella Rossetti
La cute ed i suoi annessi sono lo specchio dello stato di salute generale dell’organismo, spesso malattie sistemiche si manifestano con alterazioni a carico di tale organo che, data la sua sede, le rende facilmente osservabili. La cute, inoltre, rappresenta l’organo di confine tra il mondo esterno e quello interno, pertanto ogni alterazione a suo carico induce cambiamenti dell’immagine corporea tali da determinare un forte stress sul paziente e l’insorgenza di sentimenti di inadeguatezza rispetto al mondo esterno, con un elevato impatto sulla sua qualità di vita. Come è noto, in corso di terapia oncologica, la comparsa di effetti collaterali a livello di cute e annessi è di frequente osservazione. Tali effetti a volte sono di gravità tale da portare a modificare il protocollo terapeutico con riduzione fino alla completa sospensione del farmaco, con possibili ripercussioni sull’efficacia del trattamento stesso e sulla prognosi. In altri casi i danni a livello cutaneo, pur non avendo rilevanza clinica, modificano l’immagine corporea, interferendo con la qualità di vita dei paziente, che ricordiamo è direttamente correlata con una miglior prognosi. Risulta quindi evidente come la cura di tale organo diventi un obiettivo terapeutico nella gestione del paziente oncologico e pertanto il ruolo del dermatologo risulta fondamentale nel trattare e ove possibile prevenire i danni che tali strutture possono subire in corso di chemioterapia. Emerge infatti la necessità di modificare l’approccio medico al paziente oncologico, portando all’evoluzione del concetto di “curare” il paziente al “prendersi cura” dello stesso, con un visione olistica della malattia e degli effetti della terapia, sul suo corpo e sulla sua psiche. In questo contesto si inserisce una nuova branca della dermatologia, chiamata “Oncosupportive-Dermatology he si prende cura della salute dermatologica del malato oncologico, nella sua globalità, sia sul piano più strettamente medico, con lo studio e la cura delle ripercussioni cutanee di radioterapia, chemioterapia classica, terapia target, immunoterapia, terapia ormonale e chirurgia, sia con l’attenzione all’aspetto cosmetologico, affinché il paziente si riappropri e ritrovi interesse per il proprio corpo, la cui integrità è stata intaccata dal tumore. Dermatologi specializzati in questo ambito, lavorando in sinergia con tutti gli specialisti del caso, possono, seguendo adeguati algoritmi diagnostico-terapeutici, non solo assicurare un controllo dermo-cosmetologico idoneo prima, durante e dopo la terapia stessa, ma trattare una volta che si siano instaurati, gli effetti collaterali cutanei conseguenti alle varie terapie e rappresentare quindi un valido e necessario supporto specialistico. Inoltre nei casi più gravi, un corretto inquadramento diagnostico dermatologico è indispensabile, al fine di supportare l’oncologo nella scelta terapeutica più idonea, continuare la terapia in atto, modificare il protocollo diminuendo uno più farmaci o sospendere completamente la terapia.
Prof.ssa Marta Carlesimo
L'attività fisioterapica in ambito oncologico consiste essenzialmente in un lavoro riabilitativo non potendo usare apparecchi elettromedicali. I pazienti sono affetti da dolori muscolo-scheletrici con riduzione della stabilità posturale, deficit della deambulazione con alterazione del controllo motorio e del lavoro muscolare. Ovviamente tali deficit vanno ad aggravare una situazione già compromessa dalla patologia oncologica. Pertanto il lavoro del fisioterapista è dedicato agli esercizi di controllo motorio eseguiti in modo specifico con tecniche manuali come quelle articolari, miofasciali e neuro dinamiche. L'obiettivo è recuperare un controllo efficiente del movimento con il minor sforzo cosciente rendendo il paziente più rapidamente autonomo. Inoltre abbinando un training senso motorio si può ottenere una riduzione del sintomo nel dolore cronico. Infine altro campo di cui si occupa il fisioterapista ed a cui va data ampia considerazione è la riabilitazione cardiologica e respiratoria nei pazienti con compromissione di tali distretti.
Dott. Giorgio Sassetti
L’alimentazione e le abitudini alimentari giocano un ruolo fondamentale nei processi molecolari che determinano lo sviluppo di diversi tipi di neoplasie. Ad oggi si ritiene che la mortalità per cancro attribuita ad una non corretta alimentazione sia del 35% una percentuale molto elevata se si pensa che la mortalità attribuita ai danni da fumo di sigaretta è del 30%. Ruolo dell’Oncologo Nutrizionista è molteplice: come guida nella prevenzione delle neoplasie correlate ad uno stile di vita scorretto dal punto di vista alimentare e di supporto per il malato oncologico durante il trattamento chemioterapico e/o radioterapico e/o con terapie biologiche mirate. Una strategia nutrizionale mirata può ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti migliorandone di conseguenza i risultati e la qualità di vita. Inoltre il paziente oncologico spesso è gravato da una serie di comorbidità (Diabete Mellito, Insufficienza Renale, BPCO, Dislipidemia, Malattie Infiammatorie Intestinali, Malattie Neurologiche, Malattie Cardiovascolari etc..), per le quali è indispensabile un corretto supporto nutrizionale al fine di evitare l'esacerbazione delle stesse e compromettere la possibilità di portare a termine le cure oncologiche. Altro aspetto di rilievo sono i dati scientifici relativi alla malnutrizione e all'obesità: al di sotto di un indice di massa corporeo di 18,5 Kg/m2 ed al di sopra di 30 kg/m2 le possibilità di tollerare i trattamenti oncologici si riducono notevolmente, portando spesso ad una riduzione del dosaggio dei farmaci e/o ad un ritardo nella somministrazione degli stessi compromettendo l'Intensità di Dose che è basilare nel determinare l'efficacia della terapia. Diventa pertanto importante evitare di cadere in questi due estremi (malnutrizione e obesità) e quindi avere l'ausilio di una figura professionale che sia costantemente di supporto rappresenta una degli aspetti più rilevanti e innovativi della Moderna Oncologia. Per tutti questi motivi la figura del Oncologo-Nutrizionista assume un ruolo di primo piano nell'ambito del Trattamento Multidisciplinare dei Tumori.
Anche il tessuti che compongono l’apparato muscolo-scheletrico sono purtroppo soggetti a trasformazione cellulare neoplastica. Pertanto nel caso di una neoformazione tumorale dell’osso, del muscolo o dei tessuti fibrosi, è necessario eseguire le procedure per ottenere una corretta diagnosi e successivamente impostare il trattamento chirurgico/oncologico indicato. E’ necessario sottolineare che lo scheletro può essere sede di una neoplasia ad insorgenza locale ( molto rara ) oppure essere vittima di una localizzazione secondaria di altra neoplasia ( più frequente ) che va sotto il nome di metastasi ossea. A carico dello scheletro possono poi essere rilevate localizzazioni di malattie del sangue ( vasta presenza del midollo osseo ) plurime o uniche e che sono causa di indebolimento del tessuto osseo e , come nel caso di metastasi , responsabili di fratture cosiddette patologiche. Le fratture , o le osteolisi ampie prefratturative , sono da trattare chirurgicamente al fine di consentire la stabilizzazione del segmento scheletrico e quindi lo svolgimento delle attività quotidiane con poco o senza dolore. A tale scopo possono essere anche utilizzati tutori o altri mezzi di protezione esterna degli arti. Resta comunque fondamentale che solo il trattamento multidisciplinare del singolo caso , dalla diagnosi fino alla scelta del trattamento , coordinato dallo specialista oncologo, può dare il risultato sperato.
Prof. Mario Manili
Molto spesso chi non ha mai avuto a che fare con problemi legati all’esistenza di un tumore si sarà chiesto in cosa differisce il chirurgo oncologo dal chirurgo generale anche se, ufficialmente, tale specializzazione in Italia non esiste. La risposta è al contempo facile e complessa. Il chirurgo generale molto spesso pone le indicazioni all’intervento da solo: se hai calcoli alla colecisti e sei sintomatico non c’è bisogno di sentire vari specialisti; sarà il chirurgo generale che ti proporrà un intervento spiegandoti i pro e i contro e così via. La situazione è molto diversa se , poniamo, ti viene scoperto un tumore del retto (ultima parte dell’intestino) il chirurgo oncologo dal quale sarai indirizzato ti proporrà di incontrare un oncologo e un radioterapista perché lui sa che se si fa precedere l’intervento da un trattamento chemio e radioterapico i risultati saranno migliori e in un 25-30% dei casi il tumore sparirà completamente dopo il solo trattamento chemio radioterapico. In sintesi il chirurgo oncologo è un particolare chirurgo che si è dedicato a studiare la storia naturale dei tumori e che lavora di concerto con gli oncologi medici e con i radioterapisti per farti ottenere il risultato migliore per il “tuo” tumore perché se il tempo ci ha insegnato qualcosa in questo campo è che ogni tumore necessita di una strategia terapeutica individualizzata ovvero che non tutti i tumori vengono trattati allo stesso modo. Solo chi si dedica quotidianamente a questo “campo” riesce ad ottenere risultati migliori. All’interno della chirurgia oncologica esistono poi delle sottospecializzazioni come chirurgia della mammella, chirurgia toracica, chirurgia epatobilio-pancreatica , chirurgia del tratto gastrointestinale e cosi via. Casistiche di centri di riferimento hanno dimostrato che accentrando i vari tumori in centri ad alto volume si riuscivano ad ottenere delle sopravvivenze superiori a 5 o 10 anni addirittura del 10% in tumori “semplici” come trattamento chirurgico come il tumore della mammella.Per cui il chirurgo oncologo è una figura essenziale così come lo sono l’oncologo medico e il radioterapista nel trattamento dei tumori solidi senza nulla togliere al chirurgo generale che è più interessato ai disturbi funzionali degli organi. Chiedete quindi sempre al chirurgo che vi viene proposto se ha una esperienza specifica nel campo che vi interessa (questo è un consiglio prezioso!)
Prof. Carlo Eugenio Vitelli
La percezione iniziale e la consapevolezza successiva di essere malato, in particolare di essere portatore di una malattia come il cancro, creano un rapporto difficile con se stessi e con il proprio corpo. Nel vissuto del paziente, ed in alcuni casi nella stessa realtà, il cancro sembra corrodere, devastare il corpo: l’intervento chirurgico spesso lo mutila,il successivo trattamento chemio e/o radioterapico lo penalizza pesantemente. Fare esperienza della diagnosi di cancro vuol dire per il paziente innanzitutto fare esperienza della perdita di privatezza del proprio corpo, determinata dalla molteplicità delle indagini diagnostiche e dalla invasività di alcune di esse, e fare esperienza della perdita di uno stato di salute e benessere che mina alla radice la sicurezza della propria immagine, del modo di vedersi e di rapportarsi agli altri. Vive la consapevolezza che la sua vita ha perso uno dei criteri di “normalità”, perdendo a volte la capacità di poter gestire in modo autonomo e previdente il proprio futuro. La neoplasia è dunque un momento di profonda sofferenza psichica oltre che fisica, di rottura di un equilibrio, di profonda crisi esistenziale. Frasi tipo “il cancro fa paura”, “queste cose spaventano” sono modalità deresponsabilizzanti che tolgono potere alla persona e diminuiscono la capacità di affronto. La famiglia ,nei suoi componenti è chiamata a far fronte alle proprie ansie e timori in una dinamica di stretta interdipendenza. Aspettative,delusioni e speranze si intrecciano e necessitano di un contenitore sano che possa interfacciarsi con questi sentimenti che vanno incanalati in un nuovo processo di vita. Le reazioni interpersonali,il ruolo sociale e psicologico che il paziente aveva vissuto in ambito familiare ed extra vanno rivisitati alla luce di questo evento cancro destabilizzatore. Questo in termini prettamente psicologici significa stimolare le difese sane,potenziare l’autostima e il recupero dei propri valori, delle proprie abilità. Significa anche accettare e proteggere l’espressione dei sentimenti, quali la paura e la rabbia, indirizzandoli verso comportamenti sani,cioè funzionali alla capacità di esprimersi esistenzialmente. Nell’incedere naturale della vita, l’evento malattia comporta necessariamente una rivisitazione dei propri riferimenti e valori . Un sostegno psicologico-terapeutico,nelle sue diverse modalità, consiste nell’assistere e facilitare il paziente in un processo di crescita che permetta il ridefinirsi nel recupero di una nuova identità che necessariamente si è chiamati a costruire.
Dott.ssa Giovanna Allegra
Sia il medico che l' infermiere hanno il compito specifico dell'assistenza al malato e devono quotidianamente confrontarsi con lui alla ricerca della soluzione migliore dei suoi problemi sia fisici che psichici. L'infermiere che lavora nei reparti di oncologia ricopre un ruolo di primo piano nel percorso di cura ed assistenza al malato. La preparazione tecnica, relazionale ed educativa sono alla base del processo educativo e di formazione. Professionalità, competenza, responsabilità e attenzione a tutti gli aspetti dell'assistenza del malato. Sono queste le caratteristiche dell'infermiere moderno, una figura professionale innovativa preparata e formata che, oltre a prevedere un corso di studio specializzato con una laurea triennale, si forma giornalmente in reparto, stando a contatto con i medici, con i malati e con tutte le figure attive che ruotano in un reparto oncologico, tenendo conto, per forza di cose, anche di tutte le componenti non strettamente cliniche della malattia: i cambiamenti nei rapporti sociali e relazionali e gli aspetti psicologici. Oltre alle competenze specifiche generali l'infermiere oncologo deve avere una preparazione specialistica sulla preparazione, manipolazione, somministrazione e smaltimento dei farmaci antineoplastici e saper attuare tutte le procedure nel prevedere e trattare gli eventuali stravasi ed istruire il malato ed i suoi familiari all'attenzione che il trattamento prevede.
Il dolore affligge la maggior parte dei malati oncologici soprattutto nello stadio avanzato e metastatico della malattia. Nonostante l’esistenza di linee guida sul dolore oncologico, raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 40% dei pazienti non riceve un adeguato trattamento per il dolore. La neoplasia e, più nello specifico, alcune sue caratteristiche, come la localizzazione e le dimensioni, possono provocare dolore con diversi meccanismi, ad esempio comprimendo o infiltrando il tessuto nervoso stesso oppure altri tessuti riccamente innervati come le ossa, le articolazioni o i visceri. Il dolore può essere anche causato dall’ostruzione di visceri come l'intestino oppure dalla distensione della capsula che riveste alcuni organi (es. fegato). Gli strumenti che abbiamo a disposizione per il trattamento del dolore oncologico sono molteplici e vanno dalla terapia farmacologica fino al trattamento con impianto di neurostimolatori spinali e di pompe intratecali. Il trattamento del dolore, oltre ad essere di fondamentale importanza per migliorare la qualità della vita, restituisce al paziente la forza per poter affrontare la lotta contro la malattia.
Dott. Fabrizio Distani